giovedì 12 gennaio 2017


RectaLex

Perché c’è il concreto pericolo  che i bambini affidati finiscano in adozione



Vorrei innanzitutto premettere che io mi rivolgo principalmente alle famiglie e quindi nei miei articoli sarò volutamente il meno possibile tecnico e il più possibile pratico e comprensibile, a volte magari semplificando, se si può, ma sempre riferendomi ad articoli di legge e alla realtà dei fatti.
Ciò premesso oggi vorrei parlarvi dei bambini che finiscono in adozione..
Mi arrivano ogni giorno richieste di aiuto di genitori che non vedono più i loro figli i quali spariscono da un giorno all’altro:
sono i bambini fuori famiglia, bambini in comunità che sono stati allontanati dai genitori con un decreto del Tribunale.
Qual è in genere l’iter degli allontanamenti:
  • viene fatta un segnalazione ai Servizi Sociali.
  • questi vanno a conoscere la famiglia.
  • se ritengono che il bambino è “[……] moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui [……]”[1] il Servizio Sociale lo mette in protezione e lo allontana dalla casa coniugale urgentemente ex Art.403 collocandolo o presso un parente fino al quarto grado o presso una comunità familiare (ex art. 1,2,3,4,5 della Legge 183/1983 emendata nel 2001 dal Dlgs.149)
Poi relaziona ad un PM che fa (dovrebbe fare) un’istruttoria e relazionare a sua volta immediatamente al giudice che prenderà insieme ad altri due giudici onorari e al presidente una decisione.
Oppure:
  • il servizio sociale, se non ritiene di dover intervenire d’urgenza, per i motivi di cui sopra fa un’indagine e relaziona ancora al PM del Tribunale dei Minorenni per indagare sulla reale situazione.
  • il PM fa (dovrebbe fare), come abbiamo detto un’istruttoria e poi dando un parere relaziona ai giudici che prendono una decisione.
Questo per sommi capi.
Se il tribunale decide di non procedere in genere finisce li.
In caso contrario decide provvisoriamente di allontanare il bambino dalla famiglia e si apre un’altra istruttoria per dare la possibilità ai genitori di difendersi e riportarselo a casa.
Il bambino dunque va in affidamento..
Quale è il problema che oggi vogliamo segnalare:
LA DIFFICOLTÀ DI RIPORTARE IL BAMBINO A CASA DOPO CHE È STATO DATO IN AFFIDAMENTO SEPPUR PROVVISORIO.
Vediamo che dice la legge dopo che un minore è stato allontanato dalla famiglia:
Come abbiamo detto si svolge un’istruttoria, arrivano gli avvocati, i CTU, gli psicologi, i tutori, le ulteriori relazioni dei Servizi Sociali, gli affidatari.
Ecco cosa dice la legge:
Art. 5. della L.184/1983 em. Dlgs.149/2001
Comma 1 “L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 316 del codice civile. In ogni caso l’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie.[……]”
Comma 2. “Il servizio sociale, nell’ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell’opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.”
Comma 3. “Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato».”
Comma 4. “Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria».”

Non intendiamo in questo caso soffermarci delle problematiche che esistono sulla realtà di come vengono espletati tuti questi passaggi avendone già parlato e di cui parleremo ancora.

Facciamo ora un passo indietro:
Noi sappiamo che l' Art.4 comma  4 scrive:
“Nel provvedimento di cui al comma 3 [2], deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal Tribunale per i Minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.”
Questo è il punto:
Semplificando diciamo che i bambini dal 2006 non possono stazionare in affidamento più di 24 mesi per cui dopo 2 anni, o tornano a casa o, dopo la sentenza definitiva del Tibunale dei Minorenni vanno in stato di adottabilità.
Cosa succede nella realtà:
Abbiamo detto che si è aperta un’istruttoria.
  • Primo Problema: ma quanto dura questa istruttoria in genere
  • Secondo Problema: quanto dura l’intero giudizio se si va in Appello e poi in Cassazione?
  • Terzo Problema: Se il bambino dopo 24 mesi non torna a casa, cosa succede intanto che la Giustizia non decide nei tre fradi di giudizio?                                                                               Il bambino, prima ancora che sia finito il contenzioso che non dura certamente 24 mesi ma anni, è  collocato presso una famiglia e i genitori maturali potrebbero non vederlo più perché quasi sempre il tribunale,dopo la senrtenza di primo grado, decide di non permettere ai genitori di avere contatti di qualsiasi tipo con i figli.                                                                                    La Legge da questa possibilità al giudice di decidere in tal senso.
Art.19

"Durante lo stato di adottabilità è sospeso l'esercizio della potestà dei genitori. Il tribunale per i minorenni nomina un tutore, ove già non esista, e adotta gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore."
Tutto questo prima che sia finito il contenzioso che potrebbe durare altri anni fino alla sentenza definitiva di Cassazione.
Allora il paradosso quindi ci dice che:
Un bambino, dopo anni che non vede la famiglia, in teoria, potrebbe ritornare a casa, e il tribunale potrebbe dire che non doveva essere allontanato!?
Ovviamente questo non succede quasi mai perché a questo punto la Cassazione decide quasi sempre di allontanare per sempre il bambino dalla famiglia e  mandarlo in adozione….questo sempre nel maggiore interesse del minore!
Questa la motivazione in sintesi: “Dopo anni, come si può togliere un bambino da un ambiente in cui vive da cosi tanto tempo! Oramai la sua famiglia è quella dove vive ora!”

Ad onor del vero chiunque potrebbe contestarmi la veridicità dei fatti e potrebbe dire che quello che ho affermato non è vero e si verifica solamente in alcuni casi rari.
È vero potrebbe farlo perché io in questo momento parlo per la mia oramai esperienza decennale ed ho visto queste tragedie diventare realtà.
Allora mi chiedo: perché lo Stato non ci dice come stanno le cose?
Come ho più volte detto e non mi stancherò mai di ripetere dal 2012 non ci sono più informazioni istituzionali sui bambini posti in affidamento o in adozione!
Vorrei anche precisare che non basta sapere quanti bambini sono in affidamento o in adozione perché questo numero non mi dice niente! Per quanto si sa  in Europa siamo uno dei paesi che manda meno i bambini fuori famiglia.
E chi l’ha detto che questo sia un dato consolante! Magari non proteggiamo i minori che ne hanno bisogno e portiamo via dalle famiglie quelli che non ne hanno!
Vogliamo sapere, e credo di parlare a nome di tanti e tanti genitori, del perché hanno portato via i bambini, quanti 403 c.c. sono stati convalidati dai tribunali, quali sono le cause vere, le motivazioni di questi allontanamenti, sono sufficienti queste motivazioni per gli allontanamenti? Quanti psicologi e CTU sono in grado di intervistare correttamente i bambini, quanti genitori sono stati sottoposti al test della genitorialità e come! I test che sono stati adottati sono quelli giusti per darci risposte sufficienti? I giudici che leggono e decidono sulle relazioni delle CTU e le convalidano, essendo loro i periti dei periti, sono in grado di valutare se queste perizie sono espletate nella maniera corretta?
Tutte queste cose ed altre non ce le dice nessuno e quindi tutto può accadere e tutto ho il dubbio che accada!
Sapete perché vi dico questo oltre a basarmi sull’esperienza?
PERCHE’ IL FATTO CHE NON CI SIANO INFORMAZIONI È UN’INFORMAZIONE!
Decidete voi quale.




Nota:
Nota dell'Autore: Si declina ogni responsabilità per eventuali errori e/o omissioni e/o inesattezze nonché modificazioni intervenute dopo la pubblicazione della presente, non essendo una fonte ufficiale.



[2] “Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.”

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